Concessa la liquidazione del patrimonio di due coniugi, entrambi soci di una snc fallita, che avevano accumulato circa 290.000 euro di debiti. Nonostante la chiusura del fallimento nel lontano 2003, alcune banche, l’Inps ed Equitalia hanno continuato negli anni successivi ad aggredire ripetutamente e pervicacemente l’unica cosa rimasta ai sovraindebitati: lo stipendio di lei e lo stipendio, e poi la pensione, di lui. I due debitori, infatti, dopo la dichiarazione di fallimento della società, pur avendo perso ogni cosa, persino i mobili di casa, si erano rimboccati le maniche e avevano entrambi trovato un lavoro dipendente, portando faticosamente avanti la propria vita e mantenendo due figli. A un certo punto, però, tra pignoramenti e cessioni del quinto i debitori si sono trovati con delle buste paga praticamente dimezzate, con il rischio di non riuscire a saldare nemmeno le bollette e l’affitto di casa.
Che fare in una situazione del genere? L’unica possibilità era la “liquidazione del patrimonio”, una delle 3 procedure prevista dalla legge 3/2012 sulla composizione della crisi da sovraindebitamento; con essa vengono messi a disposizione dei creditori tutti i beni e quella parte di reddito che non è necessaria al mantenimento della famiglia. Nel caso in questione si trattava di una macchina usata, qualche arredo e circa 600 euro al mese delle entrate familiari, il tutto per la durata di 4 anni.
Un liquidatore nominato dal tribunale distribuirà le somme ottenute, circa 29.000, ai creditori e decorso il periodo di 4 anni i sovraindebitati potranno ottenere l’ “esdebitazione”, ossia la cancellazione di tutti i debiti arretrati.